Una stagione che fa temere il peggio
ROMA – Piove, governo ladro. Ovvero: il governo è in bilico, e prima che cadano i ministri cadono le presidenze dei porti che furono nominate da sinistra. O almeno, alcune.
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E’ un’interpretazione, ovviamente: anche abbastanza grossolana, se vogliamo, perché il ministro Matteoli non è in genere uomo da colpi di testa né tantomeno disposto a farsi mettere alla berlina per soddisfare certa sete di vendetta di certe destre locali. E quando l’ha fatto – come dicono i suoi critici – ha avuto subito mortificanti sculacciate dai Tar, come è accaduto tempo fa con il fallito commissariamento di Mariani a Bari.
Certo però che il duro intervento a Civitavecchia lascia pensare. Che Ciani se lo meriti o meno, sono i tempi che creano qualche interrogativo: il governo che tentenna sull’orlo del baratro non dovrebbe spingere a provvedimenti straordinari, tanto più che le procedure “normali” consentirebbero di non uscire dai binari e arrivare agli stessi risultati. Ma quello che più preoccupa il mondo dei porti è che, così come Civitavecchia, ci sono altri porti nel mirino di procedure, come si dice, commissariali: Livorno in primo piano, dove anche grazie alle ingenuità (ma sono state vere ingenuità?) delle istituzioni locali che avrebbero “bruciato” la prima terna presentando invece solo un “ambo”, siamo arrivati in pratica alla fase del tentato accordo diretto tra Regione e ministero. E il tutto sul filo dei tempi consentiti per non cadere, anche in questo porto, nel tanto temuto commissariamento. Che per Livorno – come per qualsiasi altro porto, bisogna ammetterlo – sarebbe una jattura: doppia per lo scalo labronico in questo ha già subito ben due commissari in rapida successione, con la conseguenza di avere rallentati (o addirittura bloccati) processi che con tutta la buona volontà anche il migliore dei commissari non può attivare.
Che succederà adesso? Se lo chiedono in molti, anche perché la stagione dei porti non è particolarmente felice. A fronte di alcuni scali che hanno ripreso a correre, grazie in particolare all’impegno dei terminalisti e dei grandi network, ce ne sono tanti altri impelagati da tempo immemorabile dalle procedure burocratiche che rallentano, che rinviano, che bloccano. Si tratti di finanziamenti pubblici – che non ci sono – o di normative ambientali – che troppo spesso latitano anch’esse – il mondo dei porti per quanto riguarda la “governance” pubblica è al palo. E una raffica di commissari sarebbe il peggiore di tutti gli sbocchi.
A.F.
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