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Quale domani per i produttori di barche?

PISA – Nel recente rapporto «Mare» del Sole 24 Ore, Paolo Vitelli sosteneva di superare la crisi con costruzioni innovative da proporre all’estero. E «La Gazzetta Marittima», commentando il Salone nautico di Genova, poggiava le speranze dell’Italia sull’export (calato del 15% rispetto a un calo del prodotto totale del 30.5% sul 2008) e le innovazioni come i motori elettrici, a fuel cell, a idrogeno, a energia solare, a emissioni zero, miglior idrodinamica per le carene, miglior aerodinamica per l’opera morta….

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Realmente il nostro export avrà un buon trend sia per le barche sotto i 24 metri che per i superyachts? Pensiamo che nei due settori le sofferenze saranno forti non solo perché il mercato si restringe, ma soprattutto perché la concorrenza sarà più feroce con società come Baglietto ora nelle mani di Overmarine o i cantieri Rizzardi che sono a rischio-chiusura o Azimut-Benetti che mantiene la cassa integrazione o Ferretti che ha venduto Riva. Ma anche Beneteau, il più grande cantiere al mondo per numero di barche costruite, ha visto nel 2009, dopo una caduta del 50% di vendite, un piano di licenziamenti di 700-800 dipendenti su un totale di 3.940 dopo aver già messo in cassa integrazione circa 1.700 dipendenti. In Uk i produttori Fairline, Princess e Sunseeker hanno tagliato produzioni e piani di investimenti come pure i produttori di piccole barche in Norvegia, Svezia e Finlandia. L’Australia ha ridotto la domanda del 50% (fonte: Mike Derrett, 2nd January 2010). Brunswick , il maggior produttore americano, la visto le sue vendite scendere da circa $5.7 miliardi nel 2007 a circa $2.8 miliardi nel 2009. Gli USA che esportano la metà circa della loro produzione non hanno che la prospettiva di spingere sull’estero. Ma questa è una prospettiva durissima, per esempio l’analista Tim Corder sostiene che nel migliore dei casi in USA le vendite risaliranno solo nel 2014-15 perché il credito al retail è scarso, è calata la fiducia dei consumatori, stanno finendo i tagli alle tasse di Bush, c’è stato il disastro del petrolio nel Golfo e soprattutto la domanda europea è considerata molto incerta.

In sostanza nel 2010 in totale ci sarà un calo delle vendite delle barche USA del 10% circa comprensivo anche dell’export. Forse il calo non sarà così forte dato che per la prima metà del 2010 il mercato interno USA di barche nuove, nonostante qualche piccola oscillazione, scendeva “solo” del 4.2% (fonte: IBI), ma data la situazione del mercato interno la prospettiva per le società USA resta quella di recuperare il più possibile sul sempre più difficile mercato internazionale cercando di giocare sui periodi di diminuzione del valore del dollaro. E con gli americani tutti tentano di fare lo stesso.

Se invece del mondo complessivo della produzione di barche consideriamo quello particolare dei superyachts, certo si può contare sulla tradizionale forza dei produttori di superyachts italiani: l’Italia ancora nel 2009 aveva circa il 51% del mercato mondiale dei super, ma le previsioni dicono che questo anno l’Europa manterrà l’egemonia del mercato con il 45% della produzione mondiale, chi soffrirà per la diminuzione degli ordini? Possono garantire commesse pochi paesi in crescita, fra cui non si comprende certo la Cina che ha strutture e diversivi per accogliere i super solo ad Hong Kong e che comunque non ha ancora il gusto per queste barche. Ma ci sono paesi ove forti redditi crescono ancora come India, Corea (che sta programmando 20 nuove “marine”), Vietnam e alcuni paesi del Golfo come Bahrein, Qatar, Oman o anche il Brasile. Tutti, troppi, punteranno su questi paesi.

Sostanzialmente, soprattutto per i superyachts, resisteranno le imprese con forte solidità patrimoniale, con una organizzazione razionalizzata dei subfornitori che permetta solidità industriale, investimenti per lo sviluppo di nuovi modelli e innovazioni, potenziamento della rete commerciale e dell’attività di marketing: certo non obbiettivi facili. E se non va bene il risultato è: maggiore indebitamento e rischio magazzino.

Quante imprese vedono o avranno davvero un futuro positivo?

Dionisa Cazzaniga Francesetti

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Pubblicato il
20 Ottobre 2010

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