Rinfusi a Livorno, l’ideale sarebbe la sponda Est
Sembra interessare sempre meno il molo Italia, peraltro indicato dalla programmazione del Pot attuale – Riflessioni sui contratti collettivi di lavoro e su quello territoriale

Federico Barbera
LIVORNO – Federico Barbera è abbastanza amareggiato. Federico Barbera è il presidente nazionale di Uniport-Fise, oggi strettamente imparentata con Assiporti: ma è anche il direttore del terminal rinfusi di Livorno, il TCO (Terminal Calata Orlando), che ha subìto pesantemente la crisi internazionale del comparto, anche se ne sta lentamente uscendo. E specie come direttore del TCO ma non solo, l’abbiamo intervistato.
Quali sono i problemi che l’amareggiano di questi tempi?
“Sono quelli che amareggiano un po’ tutti coloro che lavorano nei porti italiani e che hanno sperato nel dopo-crisi per forti rilanci anche nelle infrastrutture, ma specialmente nelle regole comuni del lavoro sui terminal. Invece siamo ancora a metà del guado”.
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Sembra preoccuparla in particolare il problema delle regole del lavoro…
”E’ vero, anche perché si tratta di un tema sul quale come associazione di terminalisti abbiamo lavorato molto. Con qualche soddisfazione, visto che tra poco sarà l’anniversario dei primi dieci anni del contratto collettivo di lavoro sui porti, rinnovato addirittura l’anno scorso per altri 4 anni senza alcuna rottura della pace sociale, un mese prima della scadenza e con la piena collaborazione dei sindacati. Però non si può ignorare che sugli accordi integrativi territoriali c’è spesso ancora molto da fare”.
In che senso, scusi?
“Nel senso che in un campo da noi prioritario come il cabotaggio marittimo, spesso ci troviamo di fronte a situazioni e regole di comportamento diverse da azienda ad azienda. C’è chi concepisce i turni di lavoro in chiave dinamica e moderna, chi li applica rigidamente sulla base degli orari, chi s’arrangia. E così non va bene”.
Quale soluzione propone, almeno in ambito territoriale?
“Il nostro obiettivo per l’inizio dell’anno nuovo è di metterci a un tavolo di concertazione con sindacati e Confindustria per un accordo integrativo territoriale sul cabotaggio che consenta più flessibilità; e specialmente risposte più adeguate alle esigenze della merce. Sarebbe un notevole passo avanti, nell’interesse di tutte le componenti del lavoro portuale”.
Parliamo un attimo del TCO: avete fatto alcuni sacrifici ma sembra che le cose si stiano mettendo in chiave positiva.
“Siamo usciti da un 2009 orribile e abbiamo dovuto ristrutturarci, con contratti di solidarietà, orari di lavoro ridotti e qualche persona in meno, ma senza licenziamenti traumatici. In definitiva si può dire che abbiamo indovinato la cura giusta e il lavoro sta tornando; anche se mancano ancora le grandi opere, per cui klinker e cemento ad oggi sono meno richiesti. Ma presto o tardi anche questi comparti, io spero, riprenderanno a correre”.
La compagine sociale è solida e coesa?
”Indubbiamente, altrimenti non avremmo potuto fare le scelte che abbiamo operato. A cominciare dal presidente Marco Dalli, che per inciso è stato il più votato tra i consiglieri della Compagnia portuali nelle recenti elezioni, all’amministratore delegato Roberto Alberti che è anche presidente dell’associazione degli spedizionieri toscani”.
Ma il famoso progetto di trasferimento del TCO sul molo Italia?
“Non è certo questo il momento per iniziative del genere, viste anche le spese che comporterebbe. E poi finché non sarà chiarito se il molo Italia dovrà ospitare anche le crociere, non si potrà far niente. Rinfusi e crociere non sono proprio il migliore degli abbinamenti sullo stesso terminal. Non dimentichiamo infine che oggi sulla calata Orlando abbiamo 3 accosti, che il molo Italia manca di collegamento ferroviario e che forse non potrà mai averlo visto che sul sedime ideale è stato realizzato il capannone della Cilp. Stiamo semmai cominciando a guardare da un’altra parte per gli impegni del futuro”.
E’ vero che vi interesserebbe la sponda Est della Darsena Toscana?
“Non è un mistero e ne abbiamo già parlato anche con il presidente dell’Authority Roberto Piccini. La parte terminale, verso la tombatura e l’attuale sistema dei ponti girevoli, è un’ipotesi tutt’altro che da scartare. E sarebbe perfetta anche per il vecchio ma mai abbandonato nostro progetto di un terminal multipurpose, collegato con Paduletta, con le aree delle ex ferrovie e servito dai fasci di binari che già esistono. Anche per i soli rinfusi, la collocazione sarebbe molto comoda perché vicina ai nodi superstradale e autostradale e perché allontanerebbe le polveri degli stessi rinfusi dalla città. Ma al momento è solo poco più che un’ipotesi di lavoro. E non è detto che sarò io a portarla avanti nel futuro”.
Ha intenzione di ritirarsi?
“Alla fine del mese maturo 40 anni di attività. E un pensierino sulla possibilità di cambiare esperienza, lo dico francamente, l’avrei fatto. Comunque, vedremo”.
A.F.
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