Per mare d’estate: troppi in barca e poco preparati

Ilarione Dell'Anna
LIVORNO – “C’è troppa gente che va per mare in modo approssimativo e facilone – dice l’ammiraglio Ilarione Dell’Anna, direttore marittimo della Toscana, sulla base dei dati sul soccorso della Guardia Costiera in luglio ed agosto lungo le “sue” coste – mettendo a rischio la propria e l’altrui pelle”. E’ un dato di fatto che, in attesa delle cifre definitive di fine stagione, che saranno rese note a metà mese, quello che stupisce ancora di più è che alcuni degli incidenti più spettacolari sono avvenuti con professionisti del mare: come il caso di un peschereccio che ha speronato – o è stato speronato, l’inchiesta non si è ancora conclusa – un’unità a diporto; per non parlare dei mesi procedenti all’estate, quando un traghetto Toremar ha speronato una nave di passaggio davanti al porto di Piombino.
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“I casi che riguardano le navi sono ancora altri – conferma l’ammiraglio – ed ho avuto anche segnalazioni da parte di diportisti che si sono visti venire addosso grossi traghetti senza che accennassero nemmeno a una manovra d’accostata, malgrado l’imbarcazione avesse la precedenza. In questi casi però – sottolinea ancora l’ammiraglio Dell’Anna – il buon senso e le stesse regole marinaresche consigliano il diportista, che ha il mezzo più manovrabile, di togliersi dalla rotta dell’altro prima possibile, senza fidarsi troppo del proprio diritto alla precedenza”. Come a dire: essere speronati ed affondati con la consolazione di aver ragione è ben poca cosa. Specie se poi ci scappa anche il morto, che è sempre quello della barca e mai quello del traghetto.
Una cosa è certa, e l’ammiraglio lo ha detto nei giorni scorsi anche sulla stampa quotidiana con amarezza: la nautica di massa, specie quella che si concentra nei classici mesi amati dai diportisti della domenica, luglio ed agosto, sta diventando una nautica a rischio. Troppa gente per mare che non sembra avere la preparazione necessaria, che abbia o no la patente nautica. “Perché il mare non è un’autostrada – ricorda l’ammiraglio – con i suoi segnali ben chiari, le carreggiate divise, le precedenze inequivocabili e indicate. Chi va per mare dovrebbe avere la coscienza di ricordare i propri limiti, quelli del proprio mezzo, e specialmente di guardarsi sempre intorno e non solo verso prua”. In effetti, un puntino all’orizzonte che sembra lontano mille miglia impiega pochi minuti, se è un veloce traghetto o un altrettanto veloce motoryacht, per arrivarci addosso, con effetti devastanti anche per la sola scia.
L’eccesso di leggerezza di molti utenti del mare si conferma proprio dagli interventi che la Guardia Costiera ha dovuto effettuare. Poche cifre bastano per capire: 112 operazioni con 121 mezzi navali impiegati, 253 persone soccorse, 2 morti, 29 richieste di aiuto per avarie al motore, 14 interventi per derive in difficoltà, 14 bagnanti presunti in difficoltà, 3 collisioni, 5 incendi a bordo, 5 affondamenti o semi-affondamenti per vie d’acqua, 10 soccorsi per condimeteo avverse, eccetera. Da sottolineare che anche i velisti, un tempo una vera elite del mare, cominciano a non essere più quelli di una volta: ben tre imbarcazioni a vela di buone dimensioni hanno chiesto aiuto per rientrare in porto “perché non c’era vento” e andare a motore era troppo lento. Poi ci sono quelli che hanno illimitata fiducia in se stessi e mollano gli ormeggi durante una sventolata a 35/40 nodi salvo pentirsene appena fuori dal ridosso. Insomma, bisognerebbe scrivere all’uscita di ogni porto turistico: “Occhio perché come diceva Pulcinella, per mare non ci stanno taverne!”
A.F.
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